| `gilmore girl? |
| | -Voglio tre kg. di Nutella-
Come può Emma sognarsi di avere qualcosa da imparare se Harriet le offre lo spettacolo di una così deliziosa inferiorità? lessi. Sorrisi; mi piaceva Mr. Knightley. Era più che ovvio che alla fine s'innamorasse di Emma. Ma forse Jane Austen vorrà lasciarci con l'amaro in bocca nel suo ultimo capolavoro? Bè, speravo di no; il romanzo mi piaceva, e c'ero rimasta male quando il librario me lo regalò, gratis, dicendomi che tanto non sarebbe andato in ristampa in quel distretto perchè nessuno lo comprava più. Non capivo proprio cosa ci trovino di sbagliato i miei coetani nei classici.Probabilmente sono solo inferiori a me. «Probabilmente sono solo inferiori» dissi, senza pensarci, anzi dando voce ai miei pensieri. Ops «Esatto! I paramenti murari del tardo classicismo ellenico non possono competere con l'opus caementicium romano, nemmeno in età monarchica! Brava signorina Davis» esclamò Bottis, con mia enorme sorpresa. Sorrisi sotto i baffi dell'espressione esasperata di Drew, che dietro di me, vedeva di sicuro il libro che stavo leggendo, del tutto ignara della domanda del professore. Nemmeno le altre mie compagne erano entusiaste. Bè, almeno avevo fatto felice il professor Bottis. Al suono della campanella, ostentai un'espressione distrutta, rannicchiandomi ancora di più nell'incavo della mia comoda sedia, la testa ciondolante e gli occhi fermamente chiusi. «Okay, Bree, sappi che non ti porterò in braccio», socchiusi gli occhi per vedere Drew guardarmi scettico, un sopracciglio alzato e la mano tesa. Dopo una attimo di indecisione, in cui presi seriamente in considerazione l'idea di farmi portare in spalla, allettata dall'irritazione che avrei provocato alle mie compagne, mi aggrappai al suo braccio, trascinandomi dietro di lui lungo il corridoio, verso Algebra. «Come pensi sia andato il test?» azzardò. «Voglio dire, come pensi siano andati i miei bigliettini con le soluzioni? Spero siano stai utili, visto l'esorbitante numero di ore che hai passato sui libri.» «Voglio un McDonald in camera!» mi lamentai. «oh si, questa era la risposta esatta, signorina Davis! No, apetta, ho un dejà-vu, per caso te la sei mai cavata pur dicendo una stronzata? Ah, si, oggi!» «E anche una confezione da tre kg. di Nutella!» sbottai io, ignorando bellamente il suo sarcasmo e infilandomi all'ultimo banco, entrata nell'aula. «Oh,DREW!» cinguettò una voce dietro di noi. «Come stai?! Ma, Drew, ti sei tagliato i capelli?» Oddio. Le ciglia di Sophia erano più lunge della lista dei suoi fidanzati. VI risparmio una descrizione più dettagliata della suddetta ragazza. «Emh, veramente no Sophia», rispose lui. «Bè, hai fatto bene a tagliarli, stai da dio! Bè, lo sai, Drew che domani viene uno nuovo?! Speriamo sia simpatico, vero Drew?» ridacchiò in modo assolutamente incolsulto e senza alcuna ragione logica. La campanella risuonò, salvando Drew la sorrisi al lucidalabbra e occhiatine smaliziate, e il professor Portley entrò in classe con la solita aria annoiata. Oh, quanto amo la matematica, mi dissi, infilandomi un'auricolare di nascosto.
«Ehilà, sono a casa e ho fameee!» annunciai con la classe che mi contraddistingueva. Ma dove diavolo è mamma? Presto detto, mia madre, probabilmente una contraddizione fatta persona nel suo essere ordinatamente disordinata, tranquillamente caotica e dolcemente severa, aveva appiccicato un post-it giallo al frigo; sono da Lizzy, c'è della pizza in forno, ho fatto il cambio di stagione nel tuo armadio, controlla se trovi tutto Salii le scale, con calma, pervasa da una sensazione di tranquillità: avevo tutto il tempo del mondo, considerate le ore che mia mamma spendeva a parlare con Lizzy. Mi buttai sul letto, rigirandomi e trascinando con me la coperta, che sgusciò fuori dall'incavo del muro a cui il mio letto era appoggiato. Mi fermai, notando un piccolo foglietto accartocciato. Sussultai, quando riconobbi cos'era; una foto. Che raffiguarava me e Curly, il mio vecchio gatto che ora teneva mia nonna in Tennessee, quattro anni prima. Duemilauno. Quindi...prima. Mi mors il labbro tremante, cercando di pensare ad altro, ma le mie mani non volevano mollare quel pezzo di carta. In un lampo di memoria mi ricordai quando mia madre aveva scattato la foto; era d'estate ed avevamo appena imbiancato la mia stanza, tutto era cos' luminoso... Era esattamente cinque settimane prima dell'incidente. Mi osservai, scacciando dalla mente qualsiasi cosa avesse a che fare con automobili, compleanni e ubriachi; ero molto cambiata. I capelli erano più neri, con riflessi quasi blu e viola, non più di quel castano dolce, benchè non li avessi mai timti. La bocca era meno piena ed ero anche più magre e meno goffa. Sopratutto però, notai come il mio sguardo si fosse affilato. Non c'erano più i grandi occhioni teneri e cucciolosi, ma due fessure blu scuro, a volte anche grigio, se pioveva. Si, era tutto cambiato. Era tutto diverso; lui non c'era più. Mamma non osava andare avanti, aveva paura di dimenticare. Ed io... io lo odiavo. Come ha osato abbandonarci, perchè!? Come ha potuto. continuai a ripetermi, finchè le lacrime, mai versate in cinque anni, scesero, timdie e mi addormentai.
------------------------------------------------------------------ ohohohoh. nuovo capitolo. Scritto due volte a mano e tre a computer, tant'è che lo so a memoria. Tutta colpa di Word che non salva. Ad ogni modo, qualche ringraziamento a coloro che mi hanno recensita e a chi, avendo una vita mondana troppo impegnativa, ha letto soltant^.^ Il libro citato all'inizio è lo stupendo romanzo di Jane Austen, "Emma", e per quanto riguarda le nozioni sui apramenti murari dell'antichità...bè, oggi avevo storia dell'arte a scuola. Grazie a holycrap per la tag, che raffigura Bree Davis, quella vera. Spero davvero che vi piaccia, e nel prossimo capitolo ci saranno novità! Besos! bea♥
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